3 gennaio 2016
12 gennaio 2016
13 gennaio 2016
O
16
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U
URLO
UNO
UNOsolo ADESSO e poi?
ltimo
l'
MANI SULLE ORECCHIE PER NON SENTIRE
MANI SULLA BOCCA PER NON PARLARE
MANI SUGLI OCCHI PER NON VEDERE
MANI SULLE MANI PER NON MANIPOLARE
POLARE DISCIOGLIMENTO
MENTO
O FREDDA AFFERMAZIONE DI NORMALITA'
O
O
O
O
O
O
O
NB:
concentrandosi su un punto e persistendo con lo sguardo fisso oltre il livello visivo (sfocando leggermente la visione), si otterà uno sfondamento dell'immagine con un effetto tridimensionale
20 gennaio 2016
oggi
trattengo un pensiero
bianco, visibilmente
debole, filiforme,
un pensiero esile,
quasi inconsistente,
fatuo, discendente,
trattengo un "niente".
Niente da dire,
è solo un
ppppensiero.
balbettante
21 gennaio 2016
22 gennaio 2016
23 gennaio 2016
24 gennaio 2016
2
SCURO
CHITARRA
FORMICOLANDO LE MIE SOMMESSE ILLUSIONI.
O
IERI UN PENSIERO BIANCO, SIMILE AD UN RIFLESSO DI SOLE, MI PUNZECCHIAVA, COME UNO SPILLO D'OSSO,
DIN DON DIN DON DIN DONDOLAI
RO?
PENSIERO:
una follia è solo uno stato di alienazione mentale
ma due follie insieme sono un'opera d'arte
FOGLIAME
elogio del doppio
DIA
LO
GO
NALI
se dici 16 ti rispondo trend a due
OTTO
4
U NO
alla U preferisco la O
25 gennaio 2016
26 gennaio 2016
CIRCOLARE
OPA
Questa è la storia di Oopera, famosa e indiscussa eroina,
che un giorno, girotondolando in tondo, a zonzo a zonzo,
su un piede guardando in fondo, incontrò Ppensiero
Circolare, giovane e baldo, che amava stare e restare
nel suo raggio d'azione. Vedendolo preso, ad occhio basso,
a guardar ciuffi e bocci e petali e fiori e a contar passi senza
contare, gli chiese - Cerchi? Cosa cerchi?- e lui - Triangoli?
Cosa triangoli? -. Così Oopera decise di seguirlo a testa
bassa e, insieme, continuarono a contar piedi senza
contare e la notte scese, scivolò giù tra un conta e riconta
senza contar niente. E del niente che aveva addosso,
Oopera si spogliò, per quel niente da veder al buio.
La notte andava, i passi andavano, la conta andava e
Ppensiero circolare comprese della nudità la nitida
consistenza di un niente e del buio l'eterna indecisione.
E nel buio svuotò le sue tasche di quel niente che
contenevano e con quel niente la rivestì, la investì e, ai
primi raggi, in "un niente" la triangolò rendendola
sublime per un Aattimo.
X
A
E TUTTO TORNA
da
'oggi
al domani
cos'è un'opera contemporanea e perché è contemporanea?
(14 marzo 2011, ore ventunoetrentasei) Oggi è più difficile rispondere a questa domanda, forse domani sarà più semplice ma di certo ieri mi sembrava tutto più chiaro. Ma il dubbio mi assale in questa sensazione di essere proiettato in un “dopodomani” e pensare a domani come un ieri. Ho davanti a me un’opera d’arte contemporanea.
(15 marzo 2011, ore diciottoeventitré) Ho ancora davanti a me un’opera d’arte contemporanea. Ieri ero in difficoltà, la sensazione di un tempo deformabile mi disorientava in una sorta di confusione temporale, un “subitodopo” che non mi permetteva di adagiarmi su un presente appena trascorso. E oggi? Oggi rimando tutto a domani.
(16 marzo 2011, ore dodiciecinquantuno) Avendo davanti a me, da tre giorni, un’opera d’arte contemporanea, oggi, potrei rispondere ma un’altra domanda mi assilla: un’opera d’arte contemporanea dopo tre giorni è ancora contemporanea?
(17 marzo 2011, ore ottoequarantasei) Un’opera d’arte contemporanea, per un’attimo in un tempo, sa essere sublime. Mi sono svegliato con questo pensiero e, mentre fumo la quarta sigaretta, cerco di capire perché quest’opera d’arte contemporanea non lo è stata.
(18 marzo 2011, ora sei) Questa mattina, con ancora l’aroma di caffè nell’aria, quest’opera d’arte contemporanea è bellissima. Sublime per un attimo, e il non rispondere potrebbe essere.
17 marzo 2011
27 gennaio 2016
OmO
28 gennaio 2016
E SOTTO SOTTO SENTIRSI PIENO
SENZAFINE
VIOLA
UOmOU
U=U
30 gennaio 2016
STARE IN ALTO PER MEGLIO AVERE LA SENSAZIONE DEL VUOTO
MEN TALE
of
o TALE OF MEN?
Ci sono storie di uomini che non si riescono a raccontare e storie di uomini che non si sanno raccontare. Quella che vi racconterò io è la storia di un uomo che non si sapeva raccontare.
Lui era alto, magro, basso di fronte e spigoloso di profilo, aveva occhi e mani, Lui era nero.
Aveva 32 anni, aveva una collana
di denti da latte girata tre volte intorno al collo e una borsa di pelle rossa comprata dal padre in un giorno di festa. Lui correva di un correre che non è fretta ma passo danzante per platee di chilometri. Aveva con se il suono del tronco portato come cavo per legarsi al "lasciato" e, Lui, lasciava, ad ogni caduta, un briciolo di pelle come neo della terra. Comprava poco di un poco che non è niente e di tanto in tanto sedeva sui muri, coi piedi penduli, a lanciar ciabatte e a grattarsi il gomito. Aveva nove dita per una che lasciò sotto ad uno scarpone e mezz'orecchio attaccato ad un bastone. Aveva ricordi e uno sguardo, aveva paure, aveva sogni e un incubo strano che a volte tornava come suono sbattuto di onde.
Lui aveva un nome, un nome che non veniva chiamato ma che a volte sentiva alle spalle. Il suo nome era nero di forma e tondo di colore, il suo nome era spezzato per una vocale mai pronunciata e lasciata dormire nel fondo di un lago. Lui era bello e gonfio di sole e, della notte, portava fiero la sua oscurità.
A volte chiedeva e a volte mangiava, quasi sempre beveva saliva della sua bocca impastata.
Non era solo ma era solo dormendo i suoi sonni leggeri fatti di mani che tappano le orecchie e giornali che chiudono gli occhi. E poi. Poi aveva denti e li aveva tutti e tutti bianchi e tutti in vista quando rideva e rideva, rideva perché sapeva gioire e gioire perché sapeva vivere e vivere perché era nato in un giorno in cui le cicale ti annullano i pensieri. Oemed sapeva raccontare tutte le storie che non aveva vissuto e per le altre taceva quel tanto che serviva a una lacrima per farsi assaggiare in punta di lingua. Ma la lingua gli girava tra i denti a pronunciare le nostre parole che non erano le sue e allora taceva ancora, per poco o per sempre.
Oemed era alto, magro, basso di fronte e spigoloso di profilo, aveva occhi e mani, Oemed era nero e non aveva più denti quando lo trovarono con una svastica incisa sul petto.
OORCOMONDO
red carpet
for women
GIOVANNA
LAURA
PIERA
CONCETTA
CHIARA
PAOLA
ANNA
FIORENZA
MARIA
ANTONIA
ROBERTA
ELEONORA
CLAUDIA
PATRIZIA
BRUNA
CRISTINA
VALERIA
OLIMPIA
LUCIA
ARIANNA
OLGA
ENZA
in memoria di Enza Avino
6 febbraio 2016
7 febbraio 2016
COME ROSA DI SPINE PROTETTA
8 febbraio 2016
12 febbraio 2016
on the black stuff
OGGI
COSA?
nulla di questo può essere detto
oggi MI TRAvesto, come dire, MI TRAduco in altro aspetto, per affermare che MI TRAdisco consapevolmente perché MI TRAnqillizza questo stato delle cose e, prima che lo facciano loro, MI TRAfiggo ma per non banalizzare il tutto in un semplice buco, MI TRAforo sulla pelle arabeschi che MI TRAscino da decenni, che MI TRAmando da secoli e MI TRAlascio, MI TRAscrivo, non MI TRAscuro e, in un attimo di lucidità, MI TRAttengo con un MITRA in mano... già mi vedevo immerso nel balbettante suono di una raffica. TRATATATRA TRATRA TRA TRATRA, TRA ME e ME.
DISINCANTO
14 febbraio 2016
EPERDITADELGRANDEAMORE
TERRA
20 febbraio 2016
21 febbraio 2016
CIELO e MARE
E DEL GRANDE PIANTO CHE TUTTO COPRE
RAFF(ic)A, hELLO! - SPARO ORA?
COME AUTODETERMINARSI IL FUTURO TRAMITE L’UTILIZZO DI UN MITRA
ISTRUZIONI D’USO
1)- entrare, con una sedia, alle cinque del mattino in una stanza esposta ad est.
2)- porre la sedia al centro della stanza.
3)- chiudere (e sigillare) porte e finestre per creare il buio totale.
4)- porsi, con un mitra carico, davanti alla parete esposta ad est.
5)- scaricare l’intero caricatore verso la parete suddetta.
6)- sedersi difronte alla stessa parete e attendere l’alba.
7)- attendere ancora fino al totale sorgere del sole.
8)- godersi il nuovo cielo stellato, unico e irripetibile.
9)- (all’occorrenza) disegnare con la mente nuove costellazioni.
10)- pronosticarsi un nuovo oroscopo e definire un proprio e nuovo futuro.
parolemute
elinguarossa
E
se poi
domani mi
ritrovassi a fare
quel che ieri pensavo
di lasciar stare? E se domani
cercassi di ritrovare ciò che ieri avevo
lasciato perdere? E se poi, distrattamente,
domani mi ritrovassi nello stesso luogo di ieri?
E se poi, pensando e ripensando, domani rivedessi il
mio futuro per un domani ulteriore riponendo la speranza
in un ieri riproponibile? E se tutto questo andasse a cautelare
il mio rapporto discontinuo con il domani? E se, casualmente, poi il
DOMANI FU GIA'?
26 febbraio 2016
parole rosse
di una lingua muta
29 febbraio 2016